Falanghina dei Campi Flegrei 2019, La Sibilla

Falanghina Campi Flegrei, La Sibilla

La Falanghina de La Sibilla: piccolo prezzo, grande soddisfazione.

C’è la falanghina (ma anche il piedirosso) nel cuore della famiglia Di Meo. La Sibilla, l’azienda fondata da Luigi Di Meo e dalla moglie Restituta Somma, che vede oggi impegnati i tre figli Vincenzo, Mattia e Salvatore, produce due interessanti e paradigmatiche interpretazioni di falanghina.

Il bello è che proprio non saprei quale scegliere tra le due: e se la selezione Cruna DeLago (un azzeccato gioco di parole che ben racconta questa “striscia di terra protesa verso il mare“) ha probabilmente maggiore profondità e regala note piriche di particolare fascino, la “base” certo non manca di slancio, anche nel millesimo 2019.

Insomma, è noto che i Campi Flegrei siano una zona di elezione per la falanghina, che dà vita a vini di grandi potenzialità evolutive (mi viene in mente la Falanghina dei Campi Flegrei 2014 di Contrada Salandra, per esempio). Lo dimostra una volta di più questa etichetta de La Sibilla, che si aggira sui 10 euro a scaffale: fresca, agrumata, saporita di erbette, sapida e dissetante.

La Sibilla
Via Ottaviano Augusto, 19
Bacoli 80070 (NA)
T +39 081 8688778
M accoglienza@sibillavini.it

Monte Cigno, l’altra Falanghina de I Pentri

«Monte Cigno è la falanghina di tutte le nostre vigne, comprese quelle più giovani»: così Lia Falato e Dionisio Meola* mi hanno raccontato la loro “seconda” (ça va sans dire) etichetta di falanghina.

Ogni volta che vado a I Pentri, Lia è sempre indaffarata in qualcosa: «volevamo provare a fare la ricotta con il latte delle pecore che pascolano qui nelle nostre vigne. Almeno sappiamo cosa mangiano», così appena qualche settimana fa.

Ero passato per provare le ultime annate, e partirei proprio dalla Falanghina Monte Cigno, che prima c’era ma non aveva un nome e ora invece ce l’ha (Monte Cigno, nel territorio di Cusano Mutri, era l’altura trincerata dei Sanniti-Pentri).

Flora e Monte Cigno

Le uve per il Monte Cigno sono raccolte generalmente nella terza decade di settembre, a differenza di quelle destinate alla Falanghina Flora, che invece restano in pianta fino a ottobre inoltrato. La vinificazione segue però gli stessi ritmi, e anche l’imprinting gusto-olfattivo è simile: mi piacciono molto quelle sensazioni di tiglio ed erbe amare.

I 14 gradi di alcol non sono certo una novità, non da queste parti almeno (il comprensorio tra Castelvenere e Guardia Sanframondi, nel Sannio beneventano). Né si vuole intervenire per spogliare il vino di alcunché. Se però si beve che è un piacere, ed è questo il bello, lo si deve a freschezza e sapidità in quantità.

Bonus: l’ho bevuto con soddisfazione e senza alcuna difficoltà a 14 gradi, e pure con qualche grado in meno. Voi fate un po’ come vi pare: il risultato sarà bello uguale!

I Pentri
via Nazionale Sannitica, 72
82037 Castelvenere (BN)
T +39 0824 940644
M ipentri@gmail.com

* in questo post di Marco Stanzione trovate la storia del loro ritorno alla terra.

Falanghina. What else?

Falanghina, cos’altro potrei rispondere io alla domanda What’s an Italian white wine you think more people ought to be drinking?

Ho letto tutti i commenti a questo post di Winefolly su Twitter e, al di là di alcuni suggerimenti curiosi e nemmeno così scontati, la notizia è che molti abbiano detto, appunto, falanghina.

La cosa, che pure potrebbe sorprendere qualcuno, la dice lunga in realtà sulla crescente notorietà della falanghina, l’uva a bacca bianca più diffusa della Campania, anche all’estero, e non solo in quei Paesi dove questa varietà è persino allevata (al pari di tanti altri vitigni italioti).

Bene, dai.