Verticale della Falanghina del Sannio Libero V. T. di Fontanavecchia

Falanghina del Sannio V.T. Libero, Fontanavecchia

Falanghina, complice il tempo, recitava la locandina dell’evento pensato dalla delegazione Ais Caserta in collaborazione con Fontanavecchia, che per l’occasione ha presentato 7 diverse annate di Falanghina (del Sannio).

Un focus sulla Falanghina con 5 diversi millesimi di Libero (2019, 2017, 2015, 2014 e 2007), una di Facetus (2008), il bonus con la mitica Falanghina 2001, di cui abbiamo già parlato su questi schermi, e più d’un motivo di interesse soprattutto per chi, come il sottoscritto, si interessa di falanghina, una delle uve autoctone italiane più note.

Innanzitutto la profondità delle annate del Libero – una Falanghina del Sannio Vendemmia Tardiva (mancava solo la 2008, rimpiazzata dal Facetus pari annata) –, che ha consentito di apprezzarne i cambiamenti nel tempo, anche alla luce delle scelte stilistiche. Poi la possibilità di verificare concretamente la straordinaria attitudine della falanghina, uva versatile e camaleontica che si adatta caparbiamente ai luoghi e alle altitudini più svariate, tanto più con i cambiamenti climatici palesatisi negli ultimi anni.

Libero e Giuseppe Rillo, presenti alla serata, hanno ripercorso il progetto sin dagli inizi: le prime prove di quello che sarebbe diventato il Facetus, risalenti al 1999, furono una sfida a tutti gli effetti, mancando letteratura in materia. Negli anni il tiro è stato aggiustato e il vino è conseguentemente cambiato: in attesa degli esiti della svolta decisa con il millesimo 2020*, l’affinamento in legno è stato via via accorciato sino alla sua completa eliminazione, restando unicamente la fermentazione in barrique, mentre la gestione delle temperature di lavorazione dell’uva è stata migliorata con l’ausilio di una cella frigo.

Com’è andata la verticale di Falanghina del Sannio Libero di Fontanavecchia

I calici erano tutti in buono stato di forma: soltanto la Falanghina del Sannio Facetus V. T. 2008 è apparsa decadente e più avanti delle altre, finanche del 2007; discorso a parte per la 2001, ma ne parleremo più sotto. L’altra considerazione generale è che lo stacco tra la 2015 e la 2014 è sembrato assai più netto rispetto a quello tra le altre annate, complice un millesimo piovoso e decisamente complicato in vigna.

Per il resto, la Falanghina del Sannio Libero V. T. 2019 dice già cose belle, al netto di un naso particolarmente “dolce” per via del legno di affinamento, mostrando un frutto fragrante e un ricamo floreale di grande finezza, con un sorso ricco, ma ben slanciato grazie ad acidità e sapidità.

La Falanghina del Sannio Libero V. T. 2017, figlia di un’annata calda (pur se con maggiori escursioni termiche rispetto alla 2015), è stata forse la sorpresa della serata, con quelle sue note di frutta gialla, anice e finocchietto. Si è difesa anche la Falanghina del Sannio Libero V. T. 2015, limitata solo dallo sbilanciamento alcolico preannunciato già dal colore (il più intenso del trittico di apertura).

Magnetica la Falanghina del Sannio Libero V. T. 2014: se al naso fanno capolino alcuni lievi profili ossidativi, la bocca è curiosamente più tonica ed esplosiva. Complessa, profonda e articolata la Falanghina del Sannio Libero V. T. 2007, evoluta su toni terziari di frutta secca e caffè, zucchero filato e caramella mou.

La Falanghina 2001

Discorso a parte – si diceva – merita la Falanghina 2001, bottiglia che ha fatto e continua a fare storia. Si commentava a fine serata con i fratelli Rillo che questo vino sembra stia vivendo una fase davvero particolare da 3/4 anni a questa parte, quasi come se il tempo non incidesse più né in positivo né in negativo. Non è stata la migliore bottiglia tra quelle che ho avuto la fortuna di assaggiare in questi anni, ma ha comunque regalato ai presenti più di un’emozione. Pietro Iadicicco, il delegato Ais Caserta, ed io ci siamo trovati d’accordo: oh, sembra un Arbois!

* il millesimo 2020 uscirà in tre differenti declinazioni che valorizzeranno le zone di provenienza delle uve, sempre nel comprensorio del Taburno, in ragione della diversità dei suoli.

Falanghina del Sannio Alexia 2017, Fattoria Ciabrelli

Alexia è la Falanghina del Sannio di Fattoria Ciabrelli: a dispetto di un’annata decisamente complicata, la 2017 che ho stappato qualche sera fa è stata una bella bevuta.

Tonino Ciabrelli ha 4 figli e li ha accontentati tutti dedicando loro un vino ciascuno. All’unico maschio, che porta il nome del nonno paterno Raffaele, è toccato il rosso forse più rappresentativo della piccola azienda di CastelvenereRepha’el, appunto –, a base barbera che barbera non è, oggi finalmente camaiola.

Alexia è, invece, il nome dell’etichetta di Falanghina del Sannio che ho sempre apprezzato per almeno un paio di buoni motivi. Il primo è che si tratta di un bianco riconoscibilissimo: al netto delle diversità di annata (ci torno tra poco), è un vino semplice ed essenziale, senza fronzoli o effetti speciali, schietto e diretto. Rustico, nella migliore accezione del termine. L’altro motivo, tutt’altro che trascurabile, è che non superiamo i 10 euro di prezzo finale (vino quotidiano* in Slow Wine 2023), il che varrebbe a spiegare per benino quel concetto, spesso aleatorio, di rapporto tra la qualità e il prezzo.

Falanghina del Sannio Alexia 2017

L’idea di voler festeggiare l’11 novembre, pur senza una fetta della tradizionale pizza di San Martino, mi ha suggerito di stappare questa Falanghina del Sannio Alexia 2017, rivelatasi ricca e intensa, sia per colore – un bel giallo dorato – sia per sensazioni olfattive e gustative.

Il tappo, per la cronaca, era bagnato per 3/4, ma il vino era assolutamente integro: non una cosa scontata! A distanza di 5 anni dalla vendemmia, sa di mango e finocchietto, ha tirato fuori, in aggiunta ai profumi di fiori gialli, una bella nota balsamica, direi riconducibile alla salvia. Il sorso sapido compensa una certa densità al palato, figlia di quella che forse è stata la prima vera annata, tra le più recenti, in cui sono emersi i segnali inequivocabili del surriscaldamento globale. Manca un po’ di polpa al palato, che è un po’ magrolino sul centro bocca, ma siamo pur sempre al cospetto di un calice che fa il suo e gratifica.

Le aspettative non erano altissime, dico la verità, ma il risultato è stato più che soddisfacente.

***/****

Fattoria Ciabrelli
via Italia, 3
82020 Castelvenere (BN)
T +39 0824 940565

* eccellente sotto il profilo organolettico, che non costa più di 12 euro in enoteca.

Sannio (e falanghina), gioiello nascosto della Campania

Falanghina del Sannio,Tom Hyland

I vini del Sannio, a partire dalla Falanghina del Sannio, sono il gioiello nascosto della Campania. Parola di Tom Hyland.

Aggiungerei che è così anche se guardiamo a tutto il resto! Il Sannio beneventano è un posto bellissimo, ma le persone non lo sanno (ancora). Devi essere davvero un grande appassionato per spingerti fin qui, e mica soltanto per il vino, avere voglia di allontanarti dalle rotte turistiche più mainstream. Solo che vai a Pompei, in Costa d’Amalfi, poi a Ischia, Capri, Procida, in penisola sorrentina e Napoli… ma la vacanza, nel frattempo, è finita!

Nell’articolo pubblicato su Forbes, Hyland premette che i vini della Campania si stanno ritagliando sempre maggiore spazio, forti di una crescente reputazione. I produttori sanniti, da par loro, si stanno dando un gran daffare. La Falanghina del Sannio traina un po’ tutto il comparto: non fosse altro che il 90% delle oltre 100 aziende vinicole della provincia produce vini da falanghina, una delle varietà autoctone più conosciute e uva regina del Sannio.

Tom Hyland afferma che la Falanghina del Sannio «is surely one of the most delightful dry white wines produced anywhere in the world». Il suo tratto distintivo è la vivace acidità, che se da un lato è funzionale ad equilibrare il vino e a consentirgli di invecchiare agevolmente, dall’altro garantisce una certa versatilità in fatto di abbinamenti col cibo. Tutto questo, poi, a prezzi di acquisto decisamente abbordabili.

Se non volete credermi, almeno credete a Tom Hyland: «if you’re not familiar with the wines of Sannio, do yourself a favor and give these wines a try». Capito?!? 😉

[La foto è di Tom Hyland]