Irpinia Falanghina “Piano del Cardo” 2020, Passo delle Tortore

Piano del Cardo – questo il nome dell’etichetta targata Irpinia Doc Falanghina di Passo delle Tortore – è null’altro che la descrizione del suolo che ritroviamo in contrada Vertecchia a Pietradefusi.

C’è falanghina anche in Irpinia, e non è certo una novità. Sono sempre più numerose le aziende che in questi ultimi anni hanno puntato sulla varietà a bacca bianca regina del Sannio, investendo in vigneti di proprietà: Passo delle Tortore è un altro nome da aggiungere all’elenco.

Francesco De Pierro, il giovanissimo enologo sannita al comando delle operazioni di vigna e cantina, è anche uno dei 4 soci: 29 anni, una laurea in tasca, e poi esperienze in Francia tra Bordeaux e Rodano.

Piano del cardo – questo invece il nome dell’etichetta targata Irpinia Doc Falanghina – è null’altro che l’esatta descrizione di ciò che si ritrova sulla collina di contrada Vertecchia a Pietradefusi (ove sorgerà la cantina di vinificazione). Tra i filari di falanghina – a dimora su circa un ettaro a mezzo, su suolo in parte argilloso-calcareo, in parte più limoso – abbondano infatti i “cardi” selvatici.

L’uso del legno, che accomuna tutti e tre i bianchi di casa, è funzionale alla ricerca di pulizia, finezza e allungo. Lo si nota bene nella Falanghina 2020 assaggiata qualche giorno fa, in cui la barrique accoglie poco meno del 15% della massa: ben congegnato tra le note di pera e salvia, leggermente speziata, è un bianco gradevolmente sapido sull’allungo finale.

Meno “densa”’ e ancora più slanciata, invece, sembra essere la Falanghina 2021 pronta ad andare in bottiglia, per la quale mi sentirei di prevedere belle cose. Attendere prego, poi ne riparliamo.

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Falanghina del Sannio Taburno 2020, Cantine Tora

Falanghina del Sannio Taburno 2020, Cantine Tora

La Falanghina del Sannio per così dire “base” di Cantine Tora è etichetta con un ottimo rapporto tra la qualità e il prezzo.

Da queste parti s’è già parlato di Kissòs, la vendemmia tardiva di falanghina che avevo assaggiato in verticale nei primi mesi del 2021. Ma non possiamo dimenticare le altre due ambiziose interpretazioni dell’uva a bacca bianca regina del Sannio, ovvero Cent’Ore e Cambioluna (quest’ultima fermenta e affina in barrique). Avrò presto modo di degustarle ancora, visto che tornerò in contrada Tora a Torrecuso per approfondire le novità sul fronte rossista che i fratelli Giampiero e Francesco Rillo mi hanno vagamente anticipato.

È però della Falanghina del Sannio Taburno 2020, vero e proprio pilastro della “linea autoctoni” di Cantine Tora, che voglio parlarvi. A distanza di qualche mese dai primissimi, pur confortanti, assaggi, l’ho ritrovata sulla tavola più in forma che mai. Non c’è da stupirsi, beninteso, ché un sensibile allungo del periodo di affinamento in vetro non può che fargli bene!

Gialla è gialla, a testimonianza di come l’annata piuttosto calda abbia accentuato il profilo solare del vino. C’è poi una bella vena balsamico-erbacea ad arricchire il sorso pieno, ricco, però mai in debito di spinta acido-sapida.

I 10/12 europei che occorrono in media per l’acquisto sono solo un altro buon motivo per metterne in cantina qualche bottiglia e stapparle tra un po’ di tempo “per vedere l’effetto che fa” (cit).

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Falanghina del Sannio: il vino fermo e lo spumante di Rossovermiglio

Rossovermiglio, Falanghina del Sannio

Rossovermiglio, l’azienda dei coniugi Mariateresa De Gennaro e Piero Verlingieri, propone 3 diverse interpretazioni della falanghina: vino spumante, fermo e passito.

È successo che son passati già 4 anni dalla mia unica visita all’azienda Rossovermiglio. A quanto pare, insomma, se si eccettuano alcuni veloci passaggi in cantina, mi sono forse adagiato su quel «tanto sono a due passi da casa»… 😉

Capirete dunque che è stato curioso incontrare di nuovo Mariateresa De Gennaro in trasferta: non a Paduli, dove abitiamo entrambi, bensì a Roma, in occasione del Focus sui vini della Campania organizzato da Gowine.

Ho riassaggiato tutta la batteria dei vini e, in particolare, 2 delle 3 etichette a base falanghina. Più bianchi che rossi, per la cronaca, a dispetto di un nome – Rossovermiglio, appunto – che racconta una storia famigliare da sempre legata alla produzione di uve a bacca nera, prima di essere “rinnegata” da Piero Verlingieri, che nel 1992, pochi anni dopo il suo ingresso in azienda, piantò le tradizionali uve bianche della Campania: falanghina, fiano e greco.

La foto di copertina ritrae proprio Mariateresa, moglie di Piero, mentre mesce i suoi vini e racconta con orgoglio gli sforzi profusi sin qui: «facciamo tutto noi, spumante compreso, solo e soltanto con le uve di cui ci prendiamo cura direttamente».

i vini

La Falanghina del Sannio Frenesia Brut (**), a mio avviso, è forse l’etichetta che ha fatto i maggiori passi in avanti. Si tratta di uno “charmat lungo” che già non mancava di una sua piacevolezza: la sensazione ora è che ci sia una dolcezza più misurata con le solite buone doti di acidità e sapidità. Non è ancora “il mio vino“, eh, ma è una bollicina che piace e ben si presta a tante occasioni di consumo.

La versione ferma, Falanghina del Sannio 2019 (***), si conferma invece a buoni livelli. Non andate alla ricerca di chissà quale complessità né di particolare esplosività dei profumi: quello nel calice è un bianco semplice, ma solido e ben orchestrato, con un sorso efficace, di discreta finezza e piacevolmente acido.