Terra di Briganti, buona la Falanghina del Sannio 2018

Tra le interpretazioni più convincenti di un millesimo affatto semplice, qual è stato appunto il 2018 nel Sannio, annoterei sicuramente la Falanghina del Sannio di Terra di Briganti.

Una bella prova, quella dei fratelli Romeo e Toni De Cicco da Casalduni, che hanno tra l’altro piazzato anche un delizioso rosso da uve sciascinoso e si sono guadagnati la menzione in Slow Wine 2020 (l’altro nuovo ingresso per il Sannio, ve ne ho già parlato, è stato quello di Giovanni Iannucci).

Falanghina del Sannio 2018, Terra di Briganti

Ma torniamo alla Falanghina del Sannio 2018 dell’azienda di Casalduni, che si presentava con una nuova veste grafica ed il bollino della certificazione Demeter, a rimarcare la scelta di abbracciare la biodinamica che è stata innanzitutto un’esigenza («noi qui ci viviamo, eh!», così Toni durante la mia visita in cantina).

Like convinto, innanzitutto, per un profilo olfattivo meno esplosivo di quanto non si riscontri spesso e (mal)volentieri, tutt’altro che appiattito sulle note di banana*. C’è dell’altro, insomma: pera, fiori bianchi, salvia, foglia di limone. Il sorso, poi, è bello tonico, rinfrancato da una spiccata verve acida e perciò decisamente scorrevole.

* ricorderete le recenti considerazioni di Ian D’Agata a proposito di molti vini da falanghina, sempre più vittime dell’indiscriminato uso dei lieviti industriali.

La Falanghina Campo di Mandrie 2017 tra i migliori assaggi del VinNatur Workshop

C’è anche la Falanghina “Campo di Mandrie” 2017 tra i migliori assaggi del VinNatur Workshop svoltosi nel maggio scorso e che ha visto coinvolti una ventina tra giornalisti italiani ed esteri, produttori, ricercatori scientifici ed enologi.

La degustazione dei 166 vini prodotti dai soci VinNatur ha fatto registrare una “qualità media in ascesa rispetto agli anni precedenti, con alcune punte di eccellenza ma anche con vini che presentano difetti evidenti sui quali intervenire“. Tra i più apprezzati, comunque, c’è una delle due etichette di Falanghina* prodotte da Giovanni Iannucci, classe 1985, che tra l’altro è uno dei 2 nuovi ingressi in Slow Wine 2020 per quanto riguarda il Sannio (l’altro poi ve lo dico, eh).

L’annata 2017, che per la cronaca ha fatto registrare temperature piuttosto elevate, specialmente nell’areale di Castelvenere, dove si trovano le vigne di falanghina da cui si ottengono i grappoli per il Campo di Mandrie, è quella che si dice un’annata di “svolta”. Rispetto alla 2015 e alla stessa 2016, la vendemmia inizia ad essere “meno tardiva” ed aumentano di contro sensibilmente i giorni di macerazione. Stando ai primi assaggi, il millesimo 2018, non ancora in commercio, potrebbe rappresentare la quadratura del cerchio.

Staremo a vedere. 😉

* l’altra è La Forma, dal nome della località di Guardia Sanframondi dove si trova la vigna di falanghina, che è stata fin qui prodotta soltanto nel 2006.

“Ode alla falanghina” a Corte Normanna

Devo ringraziare i fratelli Alfredo e Gaetano Falluto, fondatori di Corte Normanna, che mi hanno portato alla scoperta di alcune delle bellezze di Guardia Sanframondi. Non da ultimo perché mi hanno fatto conoscere “Èlòggë alla falanghina”, la poesia in ottonari in rima alternata scritta da un guardiese doc.

I versi incorniciati sono in dialetto locale, ma di fianco c’è la traduzione in italiano corrente. Tra i passaggi più interessanti, ce n’è uno che testimonia il primato socio-economico dell’uva regina del Sannio: «quànd arriva dë štë tjémpë/tùttë vànnë all’arrëcòjjë/addavèrë o a passatjémpë, a La Uàrdja è ùn’urgòjjë». Non manca poi il riferimento a Sannio Falanghina Città europea del vino 2019štànnë nciélë pë stë fàttë/Ggiùnta, sindaquë e cafùna»), traguardo che si spera possa servire a cambiare le sorti dell’economia locale.

I mosti di falanghina appena diventati vino

la degustazione dei mosti

Un altro grazie devo dirlo per l’interessantissima degustazione dei “mosti appena diventati vino” della vendemmia 2019. Nel giorno dell’Estate di San Martino (questa non pervenuta!) s’è parlato soprattutto di agricoltura (l’azienda lavora oggi in regime di lotta integrata), ma pure di alcuni episodi significativi nella vita di Corte Normanna. È Gaetano, il più grande dei due fratelli, a ricordare la reazione stizzita del padre alla decisione di mettersi in proprio: «la prese come un’offesa personale, lui che era stato uno dei soci fondatori de La Guardiense».

A parte la base spumante, ottenuta da uve raccolte nei primissimi giorni di settembre (l’azienda ha puntato con decisione sulla produzione di uno “charmat lungo”, con un affinamento di 11 mesi sui lieviti), abbiamo assaggiato 3 diversi vini da uve di falanghina* raccolte in diverse epoche (prima, seconda e terza decade di settembre). Esiti assai diversi tra loro, specialmente quanto alla percezione di acidità, ma un fil rouge piuttosto evidente quanto a riconoscibilità del vitigno. Davvero una bellissima esperienza.

* La produzione di falanghina a Corte Normanna si aggira intorno ai 900 quintali d’uva, ma soltanto 150 sono utilizzati per produrre vini a denominazione.