Falanghina dei Campi Flegrei Vigna Astroni 2017, Cantine Astroni

Campi Flegrei Falanghina Vigna Astroni 2017, Cantine Astroni

A distanza di qualche tempo dall’ultimo assaggio, la Falanghina Vigna Astroni 2017, made in Campi Flegrei, mi ha sorpreso per verticalità e profondità del sorso.

Tornerò presto a parlare delle mie ultime puntatine in terra flegrea, ovviamente a tema falanghina (ma non solo). 😉 Prima però vorrei dirvi qualcosa del laboratorio di degustazione che ho condotto a Salerno insieme a Adele Elisabetta Granieri, nel giorno della presentazione regionale di Slow Wine e Osterie d’Italia 2023: protagoniste la Banca del Vino e le cantine della Campania che hanno aderito a questo progetto di Slow Food.

Tra i vini in assaggio, scelti per offrire una panoramica pur non esaustiva delle uve e delle vigne della regione, la più bella “sorpresa” – almeno per quanto mi riguarda – è stata la Falanghina dei Campi Flegrei Vigna Astroni 2017 di Cantine Astroni. Parliamo di un cru ottenuto dalle uve di una vigna posta tra i 170 e 210 metri di quota, su suoli sabbiosi di origine vulcanica, alle pendici esterne del cratere degli Astroni, oggi oasi WWF.

Se chiudevo gli occhi, vedevo tutto a tinte gialle: potrei quasi sintetizzare così. Splendidamente dorata nel calice, probabilmente anche grazie a un breve contatto con le bucce pensato da Gerardo Vernazzaro, è una Falanghina di grande integrità. Profumi di ginestra e sensazioni più spiccatamente iodate e idrocarburiche hanno introdotto una bocca di gran carattere, pirotecnica e tambureggiante per vena sapida, allungo e progressione verticale.

Nulla di nuovo, per la verità, ché il Vigna Astroni ci ha abituato a grandi performance in termini di complessità e profondità, specie quando ha potuto beneficiare di un po’ più di tempo in bottiglia.

PS: nel giudizio complessivo della platea sul vino ha forse influito il fatto di essere stato preceduto da un bianco più giovane e con una quota importante di lavorazione in legno: tornare sul bicchiere a fine serata ha permesso di convincersi definitivamente della bontà dell’assaggio.

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Falanghina del Sannio Alexia 2017, Fattoria Ciabrelli

Alexia è la Falanghina del Sannio di Fattoria Ciabrelli: a dispetto di un’annata decisamente complicata, la 2017 che ho stappato qualche sera fa è stata una bella bevuta.

Tonino Ciabrelli ha 4 figli e li ha accontentati tutti dedicando loro un vino ciascuno. All’unico maschio, che porta il nome del nonno paterno Raffaele, è toccato il rosso forse più rappresentativo della piccola azienda di CastelvenereRepha’el, appunto –, a base barbera che barbera non è, oggi finalmente camaiola.

Alexia è, invece, il nome dell’etichetta di Falanghina del Sannio che ho sempre apprezzato per almeno un paio di buoni motivi. Il primo è che si tratta di un bianco riconoscibilissimo: al netto delle diversità di annata (ci torno tra poco), è un vino semplice ed essenziale, senza fronzoli o effetti speciali, schietto e diretto. Rustico, nella migliore accezione del termine. L’altro motivo, tutt’altro che trascurabile, è che non superiamo i 10 euro di prezzo finale (vino quotidiano* in Slow Wine 2023), il che varrebbe a spiegare per benino quel concetto, spesso aleatorio, di rapporto tra la qualità e il prezzo.

Falanghina del Sannio Alexia 2017

L’idea di voler festeggiare l’11 novembre, pur senza una fetta della tradizionale pizza di San Martino, mi ha suggerito di stappare questa Falanghina del Sannio Alexia 2017, rivelatasi ricca e intensa, sia per colore – un bel giallo dorato – sia per sensazioni olfattive e gustative.

Il tappo, per la cronaca, era bagnato per 3/4, ma il vino era assolutamente integro: non una cosa scontata! A distanza di 5 anni dalla vendemmia, sa di mango e finocchietto, ha tirato fuori, in aggiunta ai profumi di fiori gialli, una bella nota balsamica, direi riconducibile alla salvia. Il sorso sapido compensa una certa densità al palato, figlia di quella che forse è stata la prima vera annata, tra le più recenti, in cui sono emersi i segnali inequivocabili del surriscaldamento globale. Manca un po’ di polpa al palato, che è un po’ magrolino sul centro bocca, ma siamo pur sempre al cospetto di un calice che fa il suo e gratifica.

Le aspettative non erano altissime, dico la verità, ma il risultato è stato più che soddisfacente.

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Fattoria Ciabrelli
via Italia, 3
82020 Castelvenere (BN)
T +39 0824 940565

* eccellente sotto il profilo organolettico, che non costa più di 12 euro in enoteca.

Falanghina, prime impressioni dalla vendemmia 2022

La vendemmia 2022 per la falanghina è ormai in archivio un po’ dovunque in Campania: ecco le prime sensazioni a caldo.

«Nemmeno la pioggia ferma la falanghina», si scherzava – ma nemmeno tanto – con Libero Rillo (Fontanavecchia) nei giorni in cui ci si affrettava a raccogliere gli ultimi grappoli di falanghina nel Sannio. Nonostante una vendemmia spezzettata, con una pausa forzata a causa delle piogge degli ultimi dieci giorni di settembre, la falanghina ha dimostrato una volta di più tutta la sua tempra e a inizio ottobre le uve dorate dal sole erano ancora splendide. Che vitigno, un caterpillar!

Falanghina, la vendemmia 2022 in Campania

Qui Campi Flegrei, Vincenzo Di Meo (La Sibilla) – a cui devo la bellissima foto di copertina – si dice soddisfatto: «abbiamo saputo leggere bene la situazione e giocare di anticipo, iniziando la raccolta il 22 agosto. Venivamo da un’estate molto siccitosa e le piante si erano chiuse a riccio nel tentativo di preservare lo stato idrico. Poi ci sono state le piogge di fine agosto e nel momento in cui le viti hanno iniziato ad aprirsi e a incamerare acqua, la maturazione è schizzata. Paradossalmente l’acqua è stata un altro stress per loro perché dopo questa accelerazione si sono inchiodate e i parametri non avevano più variazione rilevanti».

Qui Sannio, parla Dionisio Meola de I Pentri: «a fine settembre abbiamo vendemmiato soltanto le uve destinate alla nostra etichetta di entrata, la Falanghina Monte Cigno. Le piogge sul finire del mese ci hanno aiutato a fare vini con meno alcol, avendo dei frutti maturi con ottime acidità, che è la cosa che ci interessa di più».

Più o meno dello stesso avviso Giovanni Iannucci (Azienda Agricola Giovanni Iannucci): «le piogge torrenziali di fine settembre hanno complicato le cose, ma per ora io ho buone sensazioni. Direi che ci siamo salvati in calcio d’angolo».

Marenza Pengue (Fosso degli Angeli) ha evidenziato come le condizioni pedoclimatiche in agro di Casalduni abbiano concesso un vantaggio non da poco rispetto ad altri territori: «qui da noi il suolo è argilloso e la siccità è stata relativa. Addirittura abbiamo riscontrato acidità più alte e gradazioni zuccherine più basse, fatto che potrebbe evidentemente essere dipeso dalle piogge di fine settembre. Da un punto di vista sanitario, uve ottime; bene anche le quantità. Chi non ha interrotto i trattamenti troppo presto (già a inizio luglio), ha raccolto bene».

In Irpinia, a parlare è il giovane Francesco De Pierro (Passo delle Tortore): «è innegabile che la condizione di siccità prolungata abbia inciso, e non poco. A settembre, prima la grandine e poi 10/12 giorni di piogge continue hanno complicato ulteriormente il quadro, ma la falanghina, come il greco, è varietà che, più di altre, riesce a resistere a queste avversità, assicurando pure una certa costanza produttiva. Forse ha pagato solo un ritardo di maturazione, ma tendenzialmente sarà un millesimo in cui avremo vini con maggiori diluzione e acidità, la “classica” annata che sono convinto si rivelerà più tardi».

L’enologa Anna della Porta (Le Cantine di Hesperia): «ho potuto constatare qua e là arresti nella maturazione, ma il bello della falanghina sta proprio nella capacità di sopportare stress termici, mantenendo ph bassi e alti livelli di acidità. Sicuramente non è stata un’annata equilibrata, se ci riferiamo a piogge e temperature particolarmente elevate; tutti immaginano che con il colore ci sia necessariamente maturazione, ma non sempre è così. Per salvaguardare la vitalità dei suoli, sarà sempre più importante effettuare poche lavorazioni profonde, evitare lo sminuzzamento dei suoli e aiutarli con i sovesci, cercando di temerli coperti con le colture, usare microrganismi effettivi e fitostimolatori, antagonisti per peronospora e altre virosi».

Staremo a vedere.