Flora 2020, che Falanghina quella de I Pentri!

Falanghina Flora, I Pentri

Se c’è una Falanghina a cui sono particolarmente affezionato, quella è certamente Flora de I Pentri.

Ci sarà modo di fare poi un discorso complessivo riguardo alle guide e, in particolare, ai vini Falanghina andati a premio in Slow Wine 2023 (che si presenta a Milano l’8 ottobre prossimo, con degustazione dei vini premiati).

Posso, però, anticiparvi che Flora 2020 de I Pentri, storica azienda posta tra Castelvenere e Guardia Sanframondi, è la Falanghina che più mi è piaciuta durante questa tornata di assaggi.

L’occasione è ghiotta per parlarne ora, perché se è vero che già vi avevo detto del Monte Cigno, l’altra Falanghina de i Pentri, è di sicuro molto che non scrivo niente sulla Falanghina che porta il nome dell’antica dea italica della primavera. È anche vero, per inciso, che Flora 2002 me la ricordo ancora: ma quello è un altro discorso.

Com’è Flora 2020?

Flora è la Falanghina che Dionisio Meola e Lia Falato, oggi affiancati dal figlio Alessandro, ottengono dalla vinificazione dei grappoli della vigna più vecchia, dove la piena maturazione delle uve avviene generalmente nella seconda metà di ottobre. Si tratta di un fondo in località Rajete, su marne argillose e calcaree, che Dionisio ha ereditato dalla nonna materna, in ossequio a una lunga tradizione famigliare che vede, appunto, il passaggio della proprietà di nonna in nipote.

Sinuoso, già per come scorre nel calice, è un bianco che profuma di frutta gialla ed erbe amare, di macchia e finocchietto, con un sorso materico e carnoso. La cosa bella è che, nonostante un corpo mica da ridere, cui vanno aggiunti i 14 gradi e mezzo di alcol (che sono un po’ una costante da queste parti), la beva è tutto fuorché compassata: acidità e sapidità garantiscono, infatti, slancio e dinamismo. Super!

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I Pentri
via Nazionale Sannitica, 72
82037 Castelvenere (BN)
T +39 0824 940644
M ipentri@gmail.com

Monte Cigno, l’altra Falanghina de I Pentri

«Monte Cigno è la falanghina di tutte le nostre vigne, comprese quelle più giovani»: così Lia Falato e Dionisio Meola* mi hanno raccontato la loro “seconda” (ça va sans dire) etichetta di falanghina.

Ogni volta che vado a I Pentri, Lia è sempre indaffarata in qualcosa: «volevamo provare a fare la ricotta con il latte delle pecore che pascolano qui nelle nostre vigne. Almeno sappiamo cosa mangiano», così appena qualche settimana fa.

Ero passato per provare le ultime annate, e partirei proprio dalla Falanghina Monte Cigno, che prima c’era ma non aveva un nome e ora invece ce l’ha (Monte Cigno, nel territorio di Cusano Mutri, era l’altura trincerata dei Sanniti-Pentri).

Flora e Monte Cigno

Le uve per il Monte Cigno sono raccolte generalmente nella terza decade di settembre, a differenza di quelle destinate alla Falanghina Flora, che invece restano in pianta fino a ottobre inoltrato. La vinificazione segue però gli stessi ritmi, e anche l’imprinting gusto-olfattivo è simile: mi piacciono molto quelle sensazioni di tiglio ed erbe amare.

I 14 gradi di alcol non sono certo una novità, non da queste parti almeno (il comprensorio tra Castelvenere e Guardia Sanframondi, nel Sannio beneventano). Né si vuole intervenire per spogliare il vino di alcunché. Se però si beve che è un piacere, ed è questo il bello, lo si deve a freschezza e sapidità in quantità.

Bonus: l’ho bevuto con soddisfazione e senza alcuna difficoltà a 14 gradi, e pure con qualche grado in meno. Voi fate un po’ come vi pare: il risultato sarà bello uguale!

I Pentri
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* in questo post di Marco Stanzione trovate la storia del loro ritorno alla terra.