Stella Marotta vince il Master della Falanghina del Sannio

Dopo il piazzamento d’onore dello scorso anno, dietro al collega genovese Vincenzo Galati, la sommelier Stella Marotta della Delegazione Ais Cilento e Vallo di Diano – miglior sommelier della Campania 2023 – si è classificata al primo posto.

Venti i partecipanti alla finalissima della seconda edizione del Master, il cui obiettivo è quello di “contribuire a valorizzare la conoscenza e la divulgazione del vitigno, del vino Falanghina del Sannio Doc e della professione del Sommelier“.

Al secondo posto Andrea Peruzzi, della Delegazione Ais Cesena, che si è aggiudicato anche il premio di “miglior comunicatore”. Terza piazza, invece, per un altro romagnolo, Marco Curzi della Delegazione Ais Rimini.

Congratulazioni a Stella Marotta e agli altri sommelier premiati.

[ph credits Sannio Consorzio Tutela Vini]

Inn.fa.res: una nuova falanghina è possibile

Innfares

In chiusura di 2023 sono stati divulgati i risultati di Inn.Fa.Res (INNovazioni per una FAlanghina RESiliente), progetto che si è articolato sostanzialmente in 3 azioni: 1) la sperimentazione di un modello di gestione adattiva dei vigneti di falanghina, in grado di mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici e salvaguardare la qualità dei vini prodotti; 2) la creazione di un sistema di supporto alle decisioni funzionale a monitorare e fornire assistenza gestionale in tempo reale ai viticoltori; 3) la ridefinizione dei contenuti comunicativi per la valorizzazione di mercato dei vini Falanghina con attributi di resilienza e di sostenibilità.

Ebbene, se non sono certamente trascurabili i dati emersi in merito alla propensione all’acquisto dei vini Falanghina prodotti in modo innovativo e sostenibile*, sono molto interessanti gli aspetti, per così dire, strettamente operativi.

La suddivisione del territorio beneventano in aree viticole omogenee per clima e morfologia (con l’individuazione di 6 “laboratori verdi”, a cui sono aggiunti poi ulteriori 5 siti) e la successiva vinificazione dei grappoli del millesimo 2021 hanno permesso di valutare nuovi scenari colturali in rapporto ai cambiamenti climatici. Meritano ulteriore approfondimento sia la riscontrata diversità delle cinetiche di fermentazione in rapporto ai quantitativi di azoto prontamente assimilabile (APA), sia le criticità connesse con la massiccia presenza di composti fenolici per effetto di errori nella gestione agronomica (ad esempio, un’eccessiva e precoce defogliazione): fattori – questi – che suggerirebbero un cambio nell’approccio enologico.

Si è lavorato, poi, per arrivare all’isolamento di specifici lieviti di fermentazione. Sorprendente è la maggiore caratterizzazione floreale e agrumata rilevata nei vini prodotti con una fermentazione condotta sia con lieviti del tipo “Saccharomyces cerevisiae“, sia con altri non saccharomyces del tipo “Metschnikowia pulcherrima“.

Ancor più rilevante è l’esito del prezioso lavoro di mappatura del territorio beneventano, con la redazione di una carta dei suoli che dovrebbe poi essere disponibile sul sito internet del Centro di Ricerca Interdipartimentale sulla “Earth Critical Zone” per il supporto alla Gestione del Paesaggio e dell’Agroambiente. In un’area estesa circa 208 mila ettari sono stati individuati ben 53 terroir – Sapenzie, Reventa e Cavarena, giusto per citarne alcuni – ciascuno con sue caratteristiche proprie (che necessitano evidentemente di essere conosciute e utilizzate per poter produrre al meglio).

Resta da verificare l’effettivo funzionamento del sistema di supporto decisionale, che pure è una bella innovazione, ma che resta ovviamente subordinato alla capacità che gli stessi viticoltori avranno di alimentarlo in modo corretto e con assiduità. C’è da augurarselo: il sistema potrebbe essere molto utile nel medio-lungo periodo in termini di raccolta di dati statistici.

Verticale della Falanghina del Sannio Libero V. T. di Fontanavecchia

Falanghina del Sannio V.T. Libero, Fontanavecchia

Falanghina, complice il tempo, recitava la locandina dell’evento pensato dalla delegazione Ais Caserta in collaborazione con Fontanavecchia, che per l’occasione ha presentato 7 diverse annate di Falanghina (del Sannio).

Un focus sulla Falanghina con 5 diversi millesimi di Libero (2019, 2017, 2015, 2014 e 2007), una di Facetus (2008), il bonus con la mitica Falanghina 2001, di cui abbiamo già parlato su questi schermi, e più d’un motivo di interesse soprattutto per chi, come il sottoscritto, si interessa di falanghina, una delle uve autoctone italiane più note.

Innanzitutto la profondità delle annate del Libero – una Falanghina del Sannio Vendemmia Tardiva (mancava solo la 2008, rimpiazzata dal Facetus pari annata) –, che ha consentito di apprezzarne i cambiamenti nel tempo, anche alla luce delle scelte stilistiche. Poi la possibilità di verificare concretamente la straordinaria attitudine della falanghina, uva versatile e camaleontica che si adatta caparbiamente ai luoghi e alle altitudini più svariate, tanto più con i cambiamenti climatici palesatisi negli ultimi anni.

Libero e Giuseppe Rillo, presenti alla serata, hanno ripercorso il progetto sin dagli inizi: le prime prove di quello che sarebbe diventato il Facetus, risalenti al 1999, furono una sfida a tutti gli effetti, mancando letteratura in materia. Negli anni il tiro è stato aggiustato e il vino è conseguentemente cambiato: in attesa degli esiti della svolta decisa con il millesimo 2020*, l’affinamento in legno è stato via via accorciato sino alla sua completa eliminazione, restando unicamente la fermentazione in barrique, mentre la gestione delle temperature di lavorazione dell’uva è stata migliorata con l’ausilio di una cella frigo.

Com’è andata la verticale di Falanghina del Sannio Libero di Fontanavecchia

I calici erano tutti in buono stato di forma: soltanto la Falanghina del Sannio Facetus V. T. 2008 è apparsa decadente e più avanti delle altre, finanche del 2007; discorso a parte per la 2001, ma ne parleremo più sotto. L’altra considerazione generale è che lo stacco tra la 2015 e la 2014 è sembrato assai più netto rispetto a quello tra le altre annate, complice un millesimo piovoso e decisamente complicato in vigna.

Per il resto, la Falanghina del Sannio Libero V. T. 2019 dice già cose belle, al netto di un naso particolarmente “dolce” per via del legno di affinamento, mostrando un frutto fragrante e un ricamo floreale di grande finezza, con un sorso ricco, ma ben slanciato grazie ad acidità e sapidità.

La Falanghina del Sannio Libero V. T. 2017, figlia di un’annata calda (pur se con maggiori escursioni termiche rispetto alla 2015), è stata forse la sorpresa della serata, con quelle sue note di frutta gialla, anice e finocchietto. Si è difesa anche la Falanghina del Sannio Libero V. T. 2015, limitata solo dallo sbilanciamento alcolico preannunciato già dal colore (il più intenso del trittico di apertura).

Magnetica la Falanghina del Sannio Libero V. T. 2014: se al naso fanno capolino alcuni lievi profili ossidativi, la bocca è curiosamente più tonica ed esplosiva. Complessa, profonda e articolata la Falanghina del Sannio Libero V. T. 2007, evoluta su toni terziari di frutta secca e caffè, zucchero filato e caramella mou.

La Falanghina 2001

Discorso a parte – si diceva – merita la Falanghina 2001, bottiglia che ha fatto e continua a fare storia. Si commentava a fine serata con i fratelli Rillo che questo vino sembra stia vivendo una fase davvero particolare da 3/4 anni a questa parte, quasi come se il tempo non incidesse più né in positivo né in negativo. Non è stata la migliore bottiglia tra quelle che ho avuto la fortuna di assaggiare in questi anni, ma ha comunque regalato ai presenti più di un’emozione. Pietro Iadicicco, il delegato Ais Caserta, ed io ci siamo trovati d’accordo: oh, sembra un Arbois!

* il millesimo 2020 uscirà in tre differenti declinazioni che valorizzeranno le zone di provenienza delle uve, sempre nel comprensorio del Taburno, in ragione della diversità dei suoli.