Al di là degli sfottò, anche per via di quella rivalità calcistica che -oltretutto- mi coinvolge personalmente, la foto sotto* mi da’ l’opportunità di avventurarmi in alcune considerazioni sull’attuale reputazione dei vini da uve falanghina. Parlo in generale eh, quindi non soltanto del Sannio, esplicitamente (e infelicemente) chiamato in causa con riferimento alla recente nomina di Sannio Falanghina. Città europea del vino 2019.
Nonostante la falanghina sia una delle uve bianche autoctone più note e, per esempio, il valore del brand Falanghina del Sannio sia tra i primi 20 in Italia, è un fatto che i vini che si ottengono dall’uva più diffusa in Campania non godono di chissà quale reputazione, o comunque non quella che meritano, a prescindere dalla denominazione di appartenenza.
Aumentare il valore e migliorare la reputazione collettiva del brand, appunto: è in questa direzione che vanno indirizzate le azioni di tutti gli attori in gioco e specialmente dei Consorzi**, benché, come pure ha avuto modo di chiarire Nicola Matarazzo, gli organismi di tutela non hanno comunque competenza alcuna in merito alle politiche di prezzo.
Per quanto mi riguarda, curiosando nelle carte dei vini e parlando con chi il vino lo vende e lo serve, mi accorgo di quanto non sia così facile proporre su certe tavole, magari anche più ambiziose, extraregionali e non solo, una falanghina piuttosto che altri più blasonati bianchi della Campania (avremo modo di rendercene conto insieme nei prossimi post sull’argomento).
la falanghina non è il brutto anatroccolo
Forse pure la critica dovrebbe fare uno sforzo in più, al fine di affrancare questi vini da un’idea di consumo per tutti giorni che certamente li caratterizza, ma non in via esclusiva. Voglio dire, ci sono delle falanghina che se la giocherebbero ad armi pari con molti altri bianchi pure più blasonati e ci sono prove inconfutabili che possono reggere, e bene, l’invecchiamento (non che questo sia indice esclusivo di pregio).
Questa scarsa, o diciamo non ottimale reputazione è tanto più evidente in Campania (e qui torna a bomba la didascalia della foto), dove ‘a falanghina è considerata un po’ il brutto anatroccolo dei bianchi della regione, il gregario, quello destinato ad “una vita da mediano”, per dirla alla Ligabue.
Ma sappiamo bene che non è così. E la sfida di Falanghina Republic, certamente condivisa con altri che già hanno cominciato a farlo in tempi non sospetti e continueranno a farlo, è che lo sappia anche qualcun altro. 😉
* pubblicata sulla fan page Parlare Avellinese.
** per la verità, sia il Consorzio Sannio che quello del Vesuvio mi pare stiano mettendo in campo politiche intelligenti.