Uno spumante metodo classico di falanghina – quello di Torre del Pagus – che dimostra una volta di più quanto la varietà regina del Sannio ben si presti alla spumantizzazione.
Sono tornato di recente a Paupisi per la fantastica verticale dell’Aglianico Impeto di Torre del Pagus. È stato un privilegio poterla vivere insieme a Raimondo Marcarelli, che è impegnato con la moglie Giusy Rapuano nella prosecuzione dell’avventura intrapresa dal papà (Giovanni) e dal compianto fratello (Luigi) di quest’ultima.
Dovevo poi ritirare la mia bottiglia di Luì, un metodo classico di falanghina che peraltro già avevo avuto la fortuna di assaggiare qualche tempo fa: in occasione della mia rituale visita in azienda per Slow Wine, Raimondo ne sboccò una à la volée.
Fa un certo vedere che quell’idea ha ora preso forma. La dedica (doppia) sta tutta nel nome: Luì è infatti l’abbreviazione di Luigi, il nome del fratello di Giusy prematuramente scomparso, ma anche del figlio di Giusy e Raimondo. Passato (sempre presente) e futuro di Torre del Pagus, insomma.
Si tratta di un millesimato – le uve sono quelle della vendemmia 2015 –, la permanenza sui lieviti è stata di 48 mesi, la sboccatura è di agosto 2020, il dosaggio è brut. Il risultato è una bollicina che ha un perlage discretamente fine e pure di buon impatto scenico nel calice, con un sorso che è sì cremoso, ma che gioca la sua partita soprattutto su quella spiccata vena acida, che è poi ciò che ne agevola la bevuta.
Bene, dai.
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