“Ode alla falanghina” a Corte Normanna

Devo ringraziare i fratelli Alfredo e Gaetano Falluto, fondatori di Corte Normanna, che mi hanno portato alla scoperta di alcune delle bellezze di Guardia Sanframondi. Non da ultimo perché mi hanno fatto conoscere “Èlòggë alla falanghina”, la poesia in ottonari in rima alternata scritta da un guardiese doc.

I versi incorniciati sono in dialetto locale, ma di fianco c’è la traduzione in italiano corrente. Tra i passaggi più interessanti, ce n’è uno che testimonia il primato socio-economico dell’uva regina del Sannio: «quànd arriva dë štë tjémpë/tùttë vànnë all’arrëcòjjë/addavèrë o a passatjémpë, a La Uàrdja è ùn’urgòjjë». Non manca poi il riferimento a Sannio Falanghina Città europea del vino 2019štànnë nciélë pë stë fàttë/Ggiùnta, sindaquë e cafùna»), traguardo che si spera possa servire a cambiare le sorti dell’economia locale.

I mosti di falanghina appena diventati vino

la degustazione dei mosti

Un altro grazie devo dirlo per l’interessantissima degustazione dei “mosti appena diventati vino” della vendemmia 2019. Nel giorno dell’Estate di San Martino (questa non pervenuta!) s’è parlato soprattutto di agricoltura (l’azienda lavora oggi in regime di lotta integrata), ma pure di alcuni episodi significativi nella vita di Corte Normanna. È Gaetano, il più grande dei due fratelli, a ricordare la reazione stizzita del padre alla decisione di mettersi in proprio: «la prese come un’offesa personale, lui che era stato uno dei soci fondatori de La Guardiense».

A parte la base spumante, ottenuta da uve raccolte nei primissimi giorni di settembre (l’azienda ha puntato con decisione sulla produzione di uno “charmat lungo”, con un affinamento di 11 mesi sui lieviti), abbiamo assaggiato 3 diversi vini da uve di falanghina* raccolte in diverse epoche (prima, seconda e terza decade di settembre). Esiti assai diversi tra loro, specialmente quanto alla percezione di acidità, ma un fil rouge piuttosto evidente quanto a riconoscibilità del vitigno. Davvero una bellissima esperienza.

* La produzione di falanghina a Corte Normanna si aggira intorno ai 900 quintali d’uva, ma soltanto 150 sono utilizzati per produrre vini a denominazione.

Falanghina del Sannio, i consigli di Bruno Vespa

Vorrei sbagliarmi, ma a parte tutta questa sovraesposizione mediatica per i Sindaci di Sannio Falanghina. Città europea del vino 2019, protagonisti di ennemila apparizioni e brindisi anche al Vinitaly appena concluso, mi pare si sia parlato davvero troppo poco di Falanghina del Sannio (del vino, intendo). Anche coloro i quali hanno sin qui dispensato critiche più o meno ragionevoli, lamentandosi per esempio dello scarso risalto che il riconoscimento di Recevin ha avuto sui media nazionali, hanno di fatto inconsapevolmente contribuito ad alimentare una “passerella” che dura ormai da diversi mesi. Insomma, non sarebbe il caso di (cominciare a) parlare dell’uva “Regina del Sannio”?

Sarà anche per questo che trovo ancor più curioso che uno dei pochi pezzi in cui non si parla di Sannio Falanghina, se non incidentalmente, sia proprio quello che ha firmato Bruno Vespa sul penultimo numero del settimanale Oggi. Sì, proprio lui. Ve le ricordate le parole a margine della cerimonia di concessione della laurea ad honorem all’enologo Riccardo Cotarella, quando aveva liquidato la disorganizzazione con un “queste cose si programmano con almeno due anni di anticipo. Ve lo dice uno che nel mondo del vino ci sta“)?

Il Sindaco di Guardia Sanframondi, Floriano Panza, in posa davanti al padiglione Campania a Vinitaly 2019.

Ebbene, a nemmeno un mese di distanza da quell’uscita -se mi è consentito- (forse) un po’ superficiale (fu obiettato che il riconoscimento di Sannio Falanghina risaliva solo all’ottobre precedente) e che aveva poi dato il la ad altre dure critiche della stampa e dell’opinione pubblica locale, il giornalista di Porta a Porta – a cui nessuno aveva fatto la più banale delle domande: le piace questo vino, lo ha mai provato? – consiglia addirittura 3 etichette di Falanghina del Sannio.

La prima è ovviamente la Falanghina del Sannio “Senete” de La Guardiense, il cui enologo consulente è, appunto, Riccardo Cotarella, winemaker pure per lo stesso Bruno Vespa (ah, non sapevate che fa vino a Manduria!?).

Meno “scontati” gli altri due consigli: la Falanghina del Sannio Vendemmia Tardiva 2017 de Il Poggio (l’azienda dei fratelli Carmine e Marco Fusco, che ha recentemente affidato la consulenza enologica a Franco Bernabei) e la Falanghina del Sannio Taburno 2018 di Nifo Sarrapochiello, di cui, pur riservandomi di verificare il “sapore allegro e musicale“, posso dire che, specie negli ultimi anni, si è dimostrata una delle etichette più costanti dell’intera denominazione.

[credits Sannio Falanghina 2019 fanpage]

Sannio Falanghina, l’aperitivo inaugurale

Sono scappato via appena dopo le foto di rito al termine della cerimonia di Sannio Falanghina, ma non ho resistito e allora ho chiesto cosa s’è bevuto e s’è mangiato dopo, nel corso dell’aperitivo inaugurale offerto agli ospiti.

L'aperitivo inaugurale di Sannio Falanghina

il cibo

Ai fornelli lo chef sannita Angelo D’Amico, del quale avevo apprezzato la cucina ai tempi dell’Una Hotel di Benevento, ma che ancora non sono andato a trovare -faccio ammenda- nella sua nuova casa, la Locanda Radici di Melizzano (BN).

Tutte preparazioni fortemente legate al territorio, le sue, con ingredienti pescati nel ricchissimo paniere di prelibatezze gastronomiche del Sannio: dalla salsiccia rossa di Castelpoto alla marchigiana, dal tartufo nero al caciocavallo. Rimpiango, in particolare, se mi concedete un’insolita preferenza per un dolce, la ricotta soffiata allo Strega, croccantino di mandorle e mela annurca.

i vini

Il Consorzio di tutela Sannio Dop, che celebra quest’anno i 20 anni di attività, ha curato la selezione delle etichette, scelte tra quelle che hanno ottenuto riconoscimento all’ultimo concorso La selezione del Sindaco, appunto organizzato dalle Città del vino.

Tutte di Falanghina del Sannio, ovviamente, le bollicine di aperitivo servite dai sommelier della delegazione Ais di Benevento prima dell’ingresso nell’auditorium: gli spumanti brut della linea Vignolé di Vinicola del Sannio, della Cantina di Solopaca e il Quid de La Guardiense, infine L’oro del marchese extra dry de La Fortezza.

Fatta eccezione per il Sannio Fiano 2017 di Vinicola del Sannio, i bianchi erano tutti Falanghina del Sannio: la 2018 sempre di Vinicola del Sannio, la 2017 di Masseria Vigne Vecchie, Adria 2017 di Torre dei Chiusi. Tra i rossi, invece, il Sannio Aglianico Riserva Guardia Sanframondi “Cantàri” 2013 della linea Janare de La Guardiense, l’Aglianico del Taburno “Arces” 2015 sempre di Torre dei Chiusi, le riserve 2013  e 2011 rispettivamente di Terre d’Aglianico e La Fortezza, infine il Beneventano IGT “Auriculus” 2011 di Torre dei Chiusi.