Aorivola 2017, la falanghina de I Cacciagalli

Contrariamente a quanto pensavo, Aorivola non è un nome di fantasia, bensì quello della località da dove provengono le uve di falanghina utilizzate per questo vino. Il comune è Caianello, cittadina di frontiera ad altissima densità di caseifici: da qui la mozzarella di bufala campana prende le più svariate direzioni lungo l’A1.

I Cacciagalli, l’azienda di Mario Basco e Diana Iannaccone, è una delle realtà vinicole più interessanti dell’alto casertano. Capirete, quindi, che non è affatto un caso il riconoscimento di vino Slow per l’Aorivola 2017 nell’ultima edizione di Slow Wine.

Roccamonfina IGT Falanghina Aorivola 2017, I Cacciagalli

Se le sensazioni sapido-minerali che accompagnano la beva sembrano essere un riflesso della composizione dei terreni (Roccamonfina è un vulcano spento), il sorso appena più spesso e voluminoso, senza comunque che ne risultino compromesse dinamica e diretta riconducibilità al vitigno falanghina, pare invece più figlio della tecnica di vinificazione (solo acciaio, ma con macerazione di 12 ore).

Quando ho visto che ne era rimasto un fondo di bottiglia, al termine della degustazione di Slow Wine a Napoli, ho pensato di portarlo via e di assaporarlo ancora l’indomani. Il contatto con l’aria ha apportato un plus in termini di ricchezza e slancio. Tutt’altra musica rispetto al decadimento rapido di certe bottiglie, che si afflosciano appena poche ore dopo l’apertura.

Azienda agricola i Cacciagalli di Diana Iannaccone
Tel/Fax +39 0823 875216
Mobile +39 393 9253825 (Mario)
Mobile +39 388 1861162 (Florestano)
info@icacciagalli.it

Falanghina Express, n. 2

La settimana dal 18 al 24 febbraio 2019

Sul sito dell’Associazione Città del vino si parla di Vigne di Malies, azienda di Guardia Sanframondi che di recente ho visitato anche io. Nell’immagine di copertina, Flaviano Foschini e la moglie, entrambi agronomi.

Ancora sul blog L’Arcante, Angelo Di Costanzo firma un appassionato ricordo di Gennaro Martusciello, pioniere della viticoltura nei Campi Flegrei.

Nell’ambito di Urban Innovative Actions, che prevede azioni finalizzate a definire soluzioni innovative per il recupero di terreni in aree urbane, Coldiretti pianifica la rinascita di 56 ettari abbandonati, dislocati su 24 aree urbane nella frazione Monterusciello di Pozzuoli: si produrranno falanghina e piedirosso.

Su SBS Italian è disponibile un podcast sulla falanghina, “the white king of Sannio”.

La falanghina: notorietà, valore e reputazione

Al di là degli sfottò, anche per via di quella rivalità calcistica che -oltretutto- mi coinvolge personalmente, la foto sotto* mi da’ l’opportunità di avventurarmi in alcune considerazioni sull’attuale reputazione dei vini da uve falanghina. Parlo in generale eh, quindi non soltanto del Sannio, esplicitamente (e infelicemente) chiamato in causa con riferimento alla recente nomina di Sannio Falanghina. Città europea del vino 2019.

Sannio Capitale del vino. 'O nonno mia ca' Falanghina sciacquava 'a vòtte

Nonostante la falanghina sia una delle uve bianche autoctone più note e, per esempio, il valore del brand Falanghina del Sannio sia tra i primi 20 in Italia, è un fatto che i vini che si ottengono dall’uva più diffusa in Campania non godono di chissà quale reputazione, o comunque non quella che meritano, a prescindere dalla denominazione di appartenenza.

Aumentare il valore e migliorare la reputazione collettiva del brand, appunto: è in questa direzione che vanno indirizzate le azioni di tutti gli attori in gioco e specialmente dei Consorzi**, benché, come pure ha avuto modo di chiarire Nicola Matarazzo, gli organismi di tutela non hanno comunque competenza alcuna in merito alle politiche di prezzo.

Per quanto mi riguarda, curiosando nelle carte dei vini e parlando con chi il vino lo vende e lo serve, mi accorgo di quanto non sia così facile proporre su certe tavole, magari anche più ambiziose, extraregionali e non solo, una falanghina piuttosto che altri più blasonati bianchi della Campania (avremo modo di rendercene conto insieme nei prossimi post sull’argomento).

la falanghina non è il brutto anatroccolo

Forse pure la critica dovrebbe fare uno sforzo in più, al fine di affrancare questi vini da un’idea di consumo per tutti giorni che certamente li caratterizza, ma non in via esclusiva. Voglio dire, ci sono delle falanghina che se la giocherebbero ad armi pari con molti altri bianchi pure più blasonati e ci sono prove inconfutabili che possono reggere, e bene, l’invecchiamento (non che questo sia indice esclusivo di pregio).

Questa scarsa, o diciamo non ottimale reputazione è tanto più evidente in Campania (e qui torna a bomba la didascalia della foto), dove ‘a falanghina è considerata un po’ il brutto anatroccolo dei bianchi della regione, il gregario, quello destinato ad “una vita da mediano”, per dirla alla Ligabue.

Ma sappiamo bene che non è così. E la sfida di Falanghina Republic, certamente condivisa con altri che già hanno cominciato a farlo in tempi non sospetti e continueranno a farlo, è che lo sappia anche qualcun altro. 😉

* pubblicata sulla fan page Parlare Avellinese.

** per la verità, sia il Consorzio Sannio che quello del Vesuvio mi pare stiano mettendo in campo politiche intelligenti.